Sta per concludersi la fase della operatività, quella in cui “ci sono cose da fare”, quella del sangue freddo e della lucidità mantenuta per essere utile. Nelle prossime ore comincia il peggio. Cominciano i pugni nello stomaco dei nomi, dei volti, delle storie delle persone che hanno perso la vita nel disastro di oggi. Le date di nascita - già solo quelle dei feriti - restituiscono il quadro più completo di questo racconto: 2000, 1993, 1984, 1989, 1996, 1933, 1972, 1969. L’Italia, i giovani della provincia che per frequentare il liceo fanno i pendolari, i lavoratori, i nonni che accompagnano i nipotini, gli universitari, gli adulti che viaggiano per raggiungere gli ospedali del capoluogo, le mamme, gli immigrati che hanno ricostruito qui la loro vita, i cittadini europei – quelli dei voli low cost e degli erasmus che tornano a casa dall’aeroporto.
Pensiamo a loro, vi prego. Non smettiamo di donare sangue, abbracciamo le famiglie bucate da questa tragedia, teniamoci stretti.
Dopo, solo dopo che avremo esaurito tutte le nostre scorte di fratellanza, accompagnato in preghiera i morti, sanato le ferite, ringraziato per la straordinaria professionalità e instancabile umanità tutti – TUTTI coloro che hanno lavorato nelle ore della tragedia (gli operatori sanitari, i vigili del fuoco, la protezione civile, i giornalisti, le forze dell’ordine, i volontari, ecc.), concentriamoci sul tema, non trascurabile, del SUD. Quando lo faremo, dovremo alzare la voce e tanto. Dovremo chiudere la bocca a tutti i soloni che si sono già espressi senza aver mai conosciuto un treno Bari Nord, a tutti gli sciacalli, a tutti coloro che dicono di tenere alla Puglia ma vogliono confinarla a magnete da frigorifero (solo sole mare vientu e gastronomia), a tutti quelli che del Meridione e dei suoi nodi mai sciolti hanno scritto, teorizzato ma che concretamente non si sono mai voluti occupare. Dovremo gridare forte e ininterrottamente come le cicale e il loro canto – anzi, il loro pianto – di oggi, dovremo stordirli finché non otterremo il rispetto che questo straordinario pezzo di Paese merita: pari opportunità di sviluppo, collegamenti e infrastrutture, innovazione, efficienza, lavoro, salute, rispetto.
Oh, tu, “tu non conosci il Sud”.
E se non lo conosci non parlare, ascoltalo. Ascolta il Sud. Ascolta la sua gente.
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