So bene - avendolo verificato in questi anni - che quando
argomenti di carattere internazionale e che esulano dalle competenze del
Consiglio comunale vengono portati all’attenzione dell’assemblea nella Sala
consiliare cittadina si genera in molti ilarità. Soprattutto sul web, è tutto
un fiorire di battute ed ironia sull’ipotesi che l’UE, le Nazioni Unite e la
comunità internazionale possano udire il dibattito del Consiglio di Barletta e
sulla base di quello orientare le proprie scelte e decisioni. So benissimo che
non è così che funziona, ma credo anche nel valore delle Istituzioni, tutte.
Può sembrare fuori luogo e persino inutile che rappresentanti eletti dal popolo
per occuparsi di cosa pubblica in un’amministrazione civica - di strade, servizi
pubblici, casse comunali - parlino di cosa accade nel resto del mondo. Eppure
io credo non sia del tutto inutile, anzi, lo trovo necessario, soprattutto nei
tempi in cui viviamo. Ogni cittadino, come pure ogni Istituzione – ad ogni
livello, dovrebbe “sentire su di sé” il carico di quanto accade nel mondo. In
altri tempi, mi ha detto giorni fa una cara amica più adulta di me, saremmo
scesi in piazza di fronte a ciò che sta accadendo in Turchia. Ora sembra invece
che il nostro Paese sia totalmente addormentato, indifferente e disimpegnato. Una
volta c’era questa cosa dell’internazionalismo – ha aggiunto la mia amica - un sentimento di solidarietà per i popoli che
stavano vivendo in regimi terribili. La globalizzazione invece ha spazzato via anche questi sentimenti. Siamo
preoccupati per i nostri figli ma non sentiamo solidarietà per i giovani uomini
e le giovani donne di altri paesi.
Ecco, io trovo che la
vera sfida dei nostri tempi sia sconfiggere quest’apatia, quest’indifferenza,
quest’egoismo che ci fa guardare solo al nostro ombelico. È per questo che
nello scorso consiglio comunale, Lunedì 25, mi sono permessa di presentare -
con la condivisione di altri diciannove colleghi che hanno voluto
sottoscriverlo, un ordine del giorno sulla vicenda turca.
In Turchia infatti, a
seguito del tentato colpo di stato militare del 15 Luglio, stiamo assistendo ad
una repressione violenta, con migliaia di persone arrestate, restrizioni delle
libertà di movimento, cancellazione dei documenti per l’espatrio e quindi
sospensione della Convenzione Europea dei Diritti Umani (CEDU). Pur non essendo
ancora chiari attori, dinamiche e origini del tentato golpe, la reazione di
Erdogan sta falcidiando ogni forma democratica e civile di dibattito interno e
di opposizione e rischia di degenerare nell’instaurazione di un regime
autoritario.
Di sospensione di
diritti e di repressione dei dibattiti democratici, in ogni dove, tutte le
Istituzioni democratiche dovrebbero interessarsi. Anche le nostre Istituzioni
locali, per quanto piccole e scombinate siano.
È assai preoccupante
peraltro il rinnovato accanimento nei confronti della minoranza curda, con
forte rischio di aumento delle restrizioni alla libertà comprese quelle legate
alla condizione delle donne. Alla luce di tutto questo, sarebbe necessario
avviare da subito una seria riflessione sull’opportunità, nell’attuale
situazione, di mantenere Erdogan e il suo governo come partner politici,
economici e commerciali dell’Italia e dell’intera Unione Europea e servirebbe chiedere
all’Unione Europea, al Consiglio d’Europa, al Governo e a tutte le istituzioni
sovranazionali di esprimere una netta condanna della repressione scatenata e di
procedere ad un monitoraggio attento e costante della situazione, per il
ripristino delle condizioni democratiche e di libertà. Tutti coloro che hanno
incarichi nelle Istituzioni vanno sollecitati ad attivarsi in relazione ai
propri ruoli perché siano adottati tutti gli strumenti possibili affinché la
Turchia ritorni al più presto allo stato di diritto; i partiti democratici
presenti nelle istituzioni europee assumano finalmente una chiara posizione di
condanna e identifichino tutte le azioni possibili affinché in Turchia cessino
al più presto le gravissime violazioni dei diritti umani. Questo è opportuno
affermare, chiedere, pretendere dalle Istituzioni.
Inutile dirvi che a causa del consueto ballerino andamento
delle sedute – sempre sull’orlo dello scioglimento per mancanza del numero
legale – non è stato possibile discuterlo. Ma questa è un’altra storia.
[Il testo dell'odg presentato, sintetizzato nell'intervento che avete appena letto, è stato predisposto e approvato il 22 luglio 2016 con i compagni del Coordinamento politico di ReteDem e successivamentepresentato e accolto come ordine del giorno dall’Assemblea Nazionale del Partito Democratico il 23 luglio 2016. Stiamo provando, come rete degli amministratori di ReteDem, di portarlo nelle nostre istituzioni locali.]
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