mercoledì 26 marzo 2014

Misteri gloriosi #1. Il PUG partecipato.


Le bellissime riflessioni del Prof. Quarto comparse oggi sulla Gazzetta (le trovate qui sotto, godetene tutti) confermano e rafforzano la mia idea che "la visione" si costruisce INSIEME.
Le idee e le conoscenze di cui sono portatori i singoli cittadini sono un patrimonio da non sprecare.

Nel primo mistero glorioso si contempla
la redazione del 
PUG PARTECIPATO.

O Dio vieni a salvarmi.
Signore vieni presto in mio aiuto.

***
Un Rosario poco santo ma molto serio di pensieri e piccole meditazioni quotidiane.

Recita con noi e contempla ogni Lunedì e Sabato i Misteri Gaudiosi, ogni Martedì e Venerdì i Misteri Dolorosi, i Misteri Gloriosi rigorosamente di Mercoledì e Domenica e i Misteri Luminosi il Giovedì. E non sgarrare.

Un itinerario meditativo-contemplativo la cui conclusione è sempre e comunque "Abbi fede".
"Abbracciamoci forte e vogliamoci tanto bene." (cit.)
Astenersi senzacristo. 



<< Sui media il Dott. Nicola Palmitessa ha proposto di insignire Barletta del titolo di “Città Marinara”. L’idea è talmente strepitosa da meritare un dibattito, anche perché, nell’ultimo secolo, Barletta ha “voltato le spalle” al mare. Anzi, lo ha ignorato, sia perché lo sviluppo urbano si è spinto verso terra e sia per il devastante inquinamento del mare, da Levante a Ponente. Ci si ricorda del mare solo da Giugno a Settembre, con attività di spiaggia marginali, con il timore di bagnarsi, e un “turismo” giornaliero di persone dell’entroterra, fornite di tutto, compreso anguria e caffè.

Barletta affonda le sue radici nel mare, al quale deve la sua storia. Prima come sbocco costiero di Canosa e poi come città marinara adriatica, importantissima nel medioevo. Fino a circa un secolo fa, il mare lambiva le case. S’infrangeva sotto le Mura del Carmine, dal Paraticchio a Porta Marina, e si spingeva nel fossato del castello. Fino ad allora, Barletta si era sviluppata a diretto contatto con il mare. I tre quartieri Marineria, Sette Rue, San Giacomo, da porta San Leonardo a Porta Reale si sono man mano estesi lungo la costa, al di sopra della falesia, per una lunghezza complessiva di circa 1200 metri, a fronte di una larghezza di appena 3-400 metri; piazza Moro era già fuori Porta Nuova (for’a port). Il mare era pesca, commercio, benessere, cultura, vita. Si respirava iodio, e i barlettani erano in simbiosi col mare.

Poi, a fine ‘800, l’ingombro a mare del nuovo porto, ha ostacolato le correnti marine, favorendo la sedimentazione. A dispetto dei generali fenomeni di arretramento, la costa, in prossimità di Barletta, ha avanzato verso il mare. Nel contempo, la città ha cominciato ad espandersi verso terra, “salutandosi” dal mare. L’addio al mare è stato sancito dal grave errore dell’ubicazione dell’area industriale, comprensibile a cavallo del novecento, per l’esigenza della Montecatini e Cementeria di essere vicine alla città e al porto, ma imperdonabile in tempi recenti.
Nell’addio al mare, sono state anche obliate le zone umide di Ariscianne e foce Ofanto, diventate discariche solide e liquide.
Purtroppo, il tentativo di ristabilire un contatto con il mare è stato fatto con l’aggressione cementizia della “Fiumara”, per di più con un pazzesco errore, dato che era in atto l’arretramento della costa.
Allontanandosi dal mare, Barletta, da città marinara è diventava città agricola, poi industriale e manifatturiera. L’imprenditoria d’assalto e il boom economico hanno condizionato il disastroso sviluppo urbano, dai quartieri Borgovilla e Cicciomininni, fino alle 167, sempre da parte opposta al mare.
Lo snaturamento della città, il sacco edilizio e la crisi economica che implica i settori agricolo-industriale-manifatturiero, impongono un ripensamento della città che la riavvicini al mare. Occorre riparare i gravi errori dell’ultimo secolo. Occorre ricucire la città al mare. Occorre farlo delicatamente. Occorre ridare al mare il suo antico ruolo economico e culturale.
Ecco, quindi, la straordinarietà dell’idea “Barletta Città Marinara”.
Un tale titolo potrebbe avviare una preliminare riconversione culturale e aprire canali di finanziamento per la riqualificazione costiera e marina. Se ciò dovesse avvenire, Barletta potrebbe diventare bella, vivibile e città turistica di altissimo livello; una perla dell’Adriatico, seconda solo a Venezia.
Siccome l’elemento fondamentale della “Città Marinara” è l’acqua, si può anche inoltrare l’istanza di “area costiera sensibile”, che imporrebbe una più spinta depurazione dei reflui urbani, sgravando l’inquinamento del mare e la sua eutrofizzazione. Le spiagge potrebbero diventare più belle di quelle di Cannes e Miami ed innescare uno sviluppo turistico inimmaginabile, con migliaia di posti di lavoro! Tutto ecosostenibile, ancor più sfruttando i tanti beni culturali che abbiamo in città e nel territorio circostante.
La foce dell’Ofanto, già Parco Naturale Protetto, Sito d’Interesse Comunitario (SIC) e Important Bird Area (IBA), potrebbe rappresentare la nostra “Camargue”, con attrazioni didattico-turistiche.
Ariscianne e la limitrofa area marina SIC del posidonieto di S. Vito (12458 ettari!) sono ambienti naturali di grande valore, già inserite nelle Aree Protette Appulo-Albanesi. Su tali aree, in passato, sono stati redatti progetti di protezione e valorizzazione naturale, con ripristino di un lago esistente in epoca medievale. Ulteriore occasione di educazione e turismo ambientale.
Un PUG “rivoluzionario” potrebbe ripensare l’intera area industriale presente a ridosso di via Trani e farla diventare funzionale ad uno sviluppo turistico ecosostenibile del litorale di Levante. Un perno basilare può essere l’area dell’ex Cartiera, dove si può ristrutturare oltre un kilometro di spiaggia.
L’area portuale può essere riqualificata con un progetto tipo “Barcellona”, con attività culturali-ricreative e con un porto più mirato al turismo e al trasporto passeggeri, piuttosto che a quello merci, nell’ambito dell’Autorità Portuale del Levante.
L’intero fronte mare cittadino potrebbe essere ristrutturato con interventi del tipo “Progetto Ambasz”, dimenticato nei cassetti del Comune, che “salda” la città al mare.
Infine, il Piano Comunale delle Coste, che vede Barletta inadempiente, può essere un formidabile strumento per disegnare un mare libero e fruibile.
Le risorse economiche per la trasformazione? Parliamone. Ma un’autostrada può essere il titolo di “Città Marinara”, mescolando mare, ambiente naturale costiero, architettura, storia, cultura. >>

Ruggiero Quarto

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