martedì 26 maggio 2015

Perché dividerci anche sulla Memoria?

(Il Ministro della Difesa, Roberta Pinotti)

Sono stata alle celebrazioni del Centenario della Grande Guerra, oggi.

Non ho sentito inneggiare alla guerra, alla lotta armata. Ho sentito parole bellissime, a me sconosciute, le parole di un 19enne barlettano, Giuseppe Carli, che scriveva dal fronte alla sua famiglia pochi giorni prima di essere ucciso in battaglia. Ho sentito ricordare un ragazzo del Sud, la sua fame, la fragilità di chi ha gli affetti lontani, la volontà di riscatto, il suo sacrificio in nome di un ideale e una prospettiva - la nazione, che gli valsero la prima medaglia d'oro al valor militare della I Guerra mondiale.

La prima medaglia, ad un giovane di Barletta. 
Se puoi spedirmi cinque lire” – al padre – “se no nemmeno le fotografie mi posso fare”. Il suo sogno di “pace europea” – la chiama proprio così – disegnando un orizzonte. 
Perché non avremmo dovuto ricordarlo?

Ho sentito ricordare un gruppo di uomini e la loro strenua lotta sul Carso. La Brigata Barletta, non già soltanto il nome di una strada.

Ho sentito celebrare “episodi, segni, vicende fin qui considerate microstorie rispetto alla tragica dimensione di due conflitti mondiali”. “Abbiamo il dovere”  ha detto il nostro Sindaco, “di ricomprenderli nella storia dei sentimenti umani e delle passioni civili che hanno riscattato gli orrori della guerra con i valori costituzionali della comune appartenenza all’Italia e all’Europa.” 

Io sono d’accordo. Cosa c’è di sbagliato in tutto questo?

Abbiamo bisogno di conoscere e riconoscerci in un nuovo sforzo condiviso per far tornare il paese a crescere nel suo insieme. Abbiamo bisogno di conoscere e riconoscere il principio della solidarietà tra i popoli, ora che la guerra torna a incombere come strumento di offesa in un mondo sempre più globalizzato, per continuare a costruire la pace e il progresso.

In un altro intervento è stato ricordato che all’indomani del conflitto, nel 1919, “si iniziarono a costruire le strutture internazionali proprio allo scopo di prevenire le guerre. E abbiamo imparato dall’esperienza di questi anni che quando queste strutture perdono il ruolo, ancor più in un mondo oggi sempre più multipolare, in alcuni casi riemergono conflitti.
Il recupero della memoria storica può aiutare l’analisi e le iniziative tese a costruire un nuovo equilibrio mondiale di pace e sviluppo. E ci aiutano anche a rafforzare i sentimenti di solidarietà e di unità nazionale. Dal Risorgimento, alla Prima Guerra mondiale, alla lotta di liberazione, in questi decisivi passaggi storici, tutti gli italiani, dal profondo Nord all’estremo Sud, hanno dato quel contributo di partecipazione e con sacrificio umano hanno fatto grande il nostro Paese e la sua storia. Ecco, quello di Barletta si iscrive pienamente in questa storia.

Tanti cittadini, tanti ragazzi, hanno ascoltato queste riflessioni. Le hanno condivise. Perché sarebbe sbagliato tutto questo?

Davvero siamo al punto da doverci dividere anche sulla Memoria?

Io non so perché ogni cosa debba finire in polemica, perché ci si debba dividere per cose così, perché si deve sempre tagliare a fette tutto, si deve strumentalizzare o peggio politicizzare qualsiasi posizione, silenzio, fiato, azione.


Per me, celebrare la nostra storia, i nostri sacrifici, anche i nostri “morti uccisi” (che siano partigiani, soldati, vittime della mafia) ha sempre un grande senso. E più poveri saremmo, anche di senso, se non li ricordassimo sempre. Soprattutto se siamo dentro un pezzo, anche infinitesimale, di istituzione.

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